L'analisi gustativa: Shirayuki Edo genshu

31 23, giovedì 2 min lettura

L'analisi gustativa: Shirayuki Edo genshu

Analisi gustativa di Enoteca Kodama Roma

Oggi ci concentriamo su un sake davvero unico, prodotto secondo un’antica ricetta tramandata dalla famiglia Konishi per quindici generazioni.

Partiamo proprio dalla ricetta, che prevede l’impiego del metodo to-mizu shikomi, ovvero l’utilizzo di acqua e riso poco sbramato in parti uguali per la produzione del moromi. L’intero processo produttivo avviene in legno, precisamente in piccoli contenitori (nei quali verrà poi affinato per un anno) che dunque marcano notevolmente il prodotto finale sia a livello gustativo che visivo donando un colore ambrato molto intenso.

Il risultato è un sake intensamente umami di grande complessità, concentrazione, opulenza e grassezza.

C’è però una novità rispetto alla ricetta originale, ovvero l’impiego del riso Yamadanishiki.

‌Noi lo abbiamo degustato a temperatura ambiente in un calice da sake, ma si può servire anche fresco o leggermente scaldato.

NOTE DI DEGUSTAZIONE:

basta avvicinarsi al calice per intuire la particolare consistenza olfattiva di cui il liquido è dotato.

C’è un’incredibile complessità ossidativa, cioccolato, prugna e albicocca disidratate, tabacco, poi salsa di soia e funghi secchi.

Cambia continuamente nel calice diventando a tratti più vegetale e medicinale, perfino con note di tintura di iodio, poi più lattico, con yogurt al caffè, cheesecake al caramello e infine tanto miele e caramella mou.

In bocca è denso, glicerico, dolce, ma anche umami, sapido e medicinale. Il sorso è incredibilmente opulento, con note di datteri, fichi secchi e miele, ma il sake nonostante la sua generosità non si siede mai, c’è sempre una certa tensione tra la dolcezza e l’acidità spiccata unitamente a una certa pungenza alcolica.

La complessità del sorso si spinge fino a note di cognac, pan d'epices e uva passa.

Il finale è sapido e dotato di un’icredibile persistenza umami e dolce. Abbiamo liquirizia, cioccolato, soia, funghi secchi, galletta di riso e perfino una nota di carne che ricorda il ripieno dei gyoza di maiale e una parte affumicata, quasi un sentore di caldarroste.

Certamente si tratta di un sake dal fascino antico, che seduce e gratifica con morbidezza e opulenza, ma riesce anche nel difficile obiettivo di non frenare il sorso e in quello ancora più difficile di imprimere, con il suo carattere unico, una traccia indelebile nella memoria.



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