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  • 4 min lettura

    Sake junmai kimoto genshu, quindi non diluito, jukushu, ossia invecchiato ma non al punto da rientrare nella categoria dei koshu, così definiti se hanno subito un invecchiamento di almeno tre anni e mezzo.

    Prodotto da Shimazaki Shuzo, situata nella zona a nord di Tokyo, una delle tre sakagura del Giappone a invecchiare i sake in grotta.

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    Riso

    Il produttore ha scelto di utilizzare riso hanmai e non sakamai perché la complessità iniziale di quest'ultimo non è indicata nel caso in cui si cerchino aromi e sapori eleganti per l’invecchiamento.

    Il seimaibuai, ossia la percentuale di sbiancatura dei chicchi, è del 55%, livello importante per un junmai. Per questo motivo, il produttore avrebbe potuto classificare questo sake come "tokubetsu junmai" (junmai speciale), cosa che tuttavia ha deciso di non fare. 

    Il lavaggio, che serve a togliere la nuka, la polvere che rimane dopo la sbiancatura dei chicchi, viene effettuato tramite una nuova tecnologia che si sta diffondendo in Giappone e che permette di lavare il riso con delle bolle d’aria. Queste bolle fanno sì che i chicchi vengano mossi senza che si schiaccino o si rompano e inoltre, sfregandoli un po’, li lavano più a fondo.

    Lievito

    Il lievito usato in produzione è il n.5, un kuratsuki kobo, ossia un lievito sviluppato nella cantina stessa. Nello specifico, deriva da una sottocultura del lievito n.7 della cantina Masumi, e viene usato principalmente per sake junmai, honjozo e futsushu.

    La tecnica di lavorazione utilizzata è la tecnica tradizionale Yamahai shikomi, che richiede un controllo preciso e costante della temperatura.

    Il metodo kimoto, utilizzato per produrre questo sake, si divide infatti in due sotto-categorie: Yamaoroshi jikomi (山卸し仕込み) e Yamahai jikomi (山廃仕込み). Prima che la tecnologia di sbiancatura del riso si sviluppasse completamente, i chicchi di riso, per quanto sbiancati, erano comunque molto grossi. Per questo motivo, siccome si pensava che il riso dovesse essere ridotto in poltiglia affinché gli amidi venissero trasformati in zuccheri, ci voleva davvero molto tempo perché si verificasse il processo di saccarificazione, e per raggiungere questo scopo i kurabito passavano ore e ore a mescolare la mistura dello shubo con dei lunghi bastoni (Yamaoroshi). Nel 1909, gli scienziati del National Institute of Brewing Research scoprirono che il processo Yamaoroshi non era necessario e che, anche senza mescolare in continuazione lo shubo, gli enzimi del kojimai alla fine scioglievano tutto il riso. Quindi, il processo yamaoroshi poteva essere eliminato, in giapponese “haishi”. L’espressione “yamaoroshi haishi” fu poi abbreviata in “yamahai”, nome che si riferisce appunto all’eliminazione dell’operazione yamaoroshi.

    Maturazione

    La maturazione avviene in due fasi: la prima, che serve per estrarre l’aroma, viene effettuata a temperatura ambiente per circa 7-8 mesi, in modo che il sake  maturi a una temperatura un po’ più alta fino alla fine dell'estate. Dopo di che, viene spostato in bottiglia e le bottiglie vengono portate in una grotta di montagna lunga quasi 500 metri, usata come fabbrica di carrarmati durante la guerra. Qui rimane da un anno e mezzo a due anni, periodo in cui l’oscillazione naturale della temperatura tra estate e inverno crea un ricircolo continuo del liquido, che quindi non si separa come succede invece in un liquido che rimane fermo a invecchiare.

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    Food Pairing

    Il colore è chiaramente tendente al giallo, a causa della maturazione. Al naso percepiamo in modo chiaro note di cereale, cannella, crema, pera matura e cioccolato. Al palato è molto presente la parte burrosa e predominano vaniglia, marshmallow e panettone. Nonostante la percentuale alcolica di 18°, quindi piuttosto importante, rimane comunque rotondo ed elegante.

    Consigliamo di gustarlo a temperatura ambiente, ma di valutare sempre di rinfrescarlo o riscaldarlo in base al cibo a cui viene abbinato.

    Un sake ricco e strutturato come Uroko Yamahai, leggermente secco e ricco di umami, è perfetto con cibi stagionati come prosciutto crudo o parmigiano, o molto saporiti, come gli stufati. Perfetto anche con pesci grassi grigliati, come l'anguilla o il Kindara (black cod), conditi con salsa di soia. Noi vi proponiamo una ricetta gustosa a base di maiale brasato e uova sode, perfetto con questo sake.

    Brasato di maiale alla salsa di soia

    豚の角煮

    Ingredienti:

    500 ɡ di pancetta di maiale (se è troppo grassa, va bene anche la coppa)

    400 ml di acqua

    100 ml di sake secco

    3 cucchiai di zucchero

    3 chiodi di garofano (se non vi piacciono, potete non metterli)

    1 Pak choy (o altre verdure verdi preferite)

    2 uova sode

    50 ml di salsa di soia

    Tagliate la carne di maiale in pezzetti di circa 2 cm. Metteteli in una padella sul lato del grasso e fate rosolare a fuoco medio-alto, girando poi i pezzetti su tutti i lati e cuocendo per 3-4 minuti.

    Eliminate il grasso in eccesso e aggiungete acqua fino a coprire la carne. Fate quindi bollire e scolate in un colino (per eliminare il grasso in eccesso e l’odore della carne).

    Versate acqua, zucchero, sake e chiodi di garofano in una pentola piccola e portate a ebollizione. Aggiungete la carne di maiale e cuocete a fuoco lento per 30 minuti. Unitevi poi anche la salsa di soia e cuocete a fuoco lento per altri 20-30 minuti, finché la carne non sarà tenera.

    Togliete le foglie dal pak choy e tagliate i gambi in 4-6 pezzi nel senso della lunghezza.

    Sgusciate le uova sode, mettetele nella pentola e cuocete per altri due minuti; quindi, aggiungete il pak choy e cuocete fino a quando non sarà appassito. Tagliate l'uovo sodo a metà e servitelo in una ciotola con il maiale e le verdure.